Che il tartaro abbia degli effetti dannosi sulle gengive è riconosciuto da secoli.
Già nel 1769, Thomas Berdmore, dentista di Giorgio III, nel suo libro “Disorders and Deformities of the Teeth” descrive un problema acuto di tartaro gengivale: “…Un gentiluomo di non più di ventitre anni, si è rivolto a me per un consiglio sui suoi denti…..che gli davano un dolore costante. Li ho trovati letteralmente sepolti nel tartaro, che li aveva collegati tutti come un unico pezzo, senza che si potessero distinguere gli interstizi dei denti o la loro forma o misura. L’incrostazione, dura come la pietra, si era sviluppata sulla parte interna ed esterna delle gengive, e premeva talmente da provocare il dolore lamentato. Lo spessore della superficie superiore non era meno di mezzo pollice…”. Questa, ovviamente, è la descrizione di un caso estremo, ma evidenzia le conseguenze e gli effetti del tartaro qualora la problematica viene trascurata.
Il tartaro è un insieme di depositi minerali fortemente adesi ai denti e colonizzati da batteri. Il tartaro è composto per il 70-80% da sali inorganici, di cui il 40% circa è calcio, il 20% fosforo ed il resto è dato da sodio, manganese, carbonato e fluoruro. Gli effetti negativi sui tessuti di sostegno sono indiretti e consistono nella colonizzazione batterica della sua superficie ruvida.
Per evitare la produzione di tartaro è necessario capire come si forma. Quando i residui di cibo non vengono adeguatamente rimossi durante l’igiene orale, una grande quantità di batteri si insediano intorno dando luogo così alla formazione della “placca”; la placca costituisce la base per la successiva organizzazione del deposito, che avviene per precipitazione dei sali minerali contenuti nella saliva. Il ph di quest’ultima, può condizionarne la quantità e la velocità di formazione.
Come sempre la migliore difesa è la prevenzione, rimuovendo i residui di cibo che si depositano sui denti dopo ogni pasto con regolari manovre d’igiene orale. E’ consigliabile fare attenzione soprattutto alle zone della bocca in corrispondenza dello sbocco delle ghiandole salivari che si trovano sulla superficie vestibolare dei molari superiori (ghiandola parotide) e sulla superficie linguale degli elementi dentari inferiori (ghiandole sottolinguale e sottomandibolare). In queste zone infatti, è più facile constatare la presenza di tartaro. E’ preferibile inoltre, abbinare la quotidiana pulizia domiciliare a regolari sedute di detartrasi con una periodicità semestrale.